Vorrei finalmente fare un po’ di chiarezza su un argomento che probabilmente la maggior parte dei consumatori di vino, come me solo pochi anni fa, non conosce pienamente: perché sulle etichette dei vini, c’è la dicitura “contiene solfiti”? Cosa sono i solfiti, a cosa servono e perché vengono usati in enologia, sono pericolosi per la salute? Queste sono alcune delle domande che molti si pongono ed alle quali cercherò di rispondere in maniera sintetica.

Pigiatura del vino

Cos’è l’anidrite solforosa e perché si usa

Col termine “solfiti” o “solforosa” si intende l’anidride solforosa aggiunta al vino, di solito sotto forma di metabisolfito di potassio, come disinfettante e stabilizzante. L’anidride solforosa non è presente allo stato naturale nell’uva, tuttavia questa può essere prodotta da alcuni ceppi di lieviti naturalmente presenti nel mosto – da pochi milligrammi fino a oltre 50mg per litro – pertanto può essere considerata come un sottoprodotto naturale del vino.

Anche per questo motivo è opportuno selezionare i lieviti assicurando così un migliore processo di fermentazione e limitando la produzione di elementi negativi tali da compromettere la qualità organolettica e la stabilità del vino. L’anidride solforosa è utilizzata in enologia per le sue importanti azioni antiossidanti, conservanti e antisettiche, azioni che sono indispensabili per la salute, la stabilità e la qualità del vino.

Nonostante l’anidride solforosa sia fra i più detestati componenti chimici utilizzati in enologia, a tutt’oggi non si sono trovate alternative tali da offrire azioni antisettiche e conservanti altrettanto efficaci, oltre che più salutari per l’uomo. In enologia, l’anidride solforosa è utilizzata a partire dal mosto fino all’imbottigliamento.  Una parte di questo gas si combina con alcuni componenti del mosto o del vino, mentre la restante parte resta libera, cioè non combinata.

Sarà proprio la parte libera a svolgere gli importanti effetti antiossidanti e antisettici: per questo motivo è indispensabile che l’anidride solforosa si combini il meno possibile. L’anidride solforosa combinata è comunque utile, poiché nel caso in cui la frazione libera si disperda – durante le operazioni di travaso, per esempio – una piccola parte di quella combinata si libera sostituendola.

Va comunque osservato che questo fenomeno è piuttosto limitato, pertanto è sempre indispensabile aggiungere anidride solforosa in tutti i casi in cui il vino viene a contatto con l’ossigeno, come nel caso di travasi, filtrazioni e imbottigliamento. La quantità di anidride solforosa libera sommata alla quantità combinata determina la quantità di anidride solforosa totale.

I solfiti sono pericolosi per la salute?

La  SO2 è una molecola di accertata tossicità e la sua presenza negli alimenti deve essere per legge al di sotto di certi limiti. E’ anche una molecola capace di scatenare crisi allergiche in soggetti predisposti, per questo è obbligatorio indicare in etichetta la sua presenza negli alimenti.

I solfiti svolgono un importante ruolo antiossidante, antibiotico e antisettico, possono essere presenti negli alimenti sottoforma delle seguenti sostanze chimiche, e relativi codici: E220 (anidride solforosa), E221 (solfito di sodio), E222 (bisolfito di sodio), E223 (metabisolfito di sodio), E224 (metabisolfito di potassio), E225 (solfito di potassio), E226 (solfito di calcio), E227 (bisolfito di calcio), E228 (potassio solfito acido).

I solfiti sono presenti in tantissimi alimenti confezionati, per esempio nelle marmellate, nella frutta secca, nei succhi di frutta, nei salumi, nei prodotti sott’olio, nelle patate disidratate e naturalmente nel vino e nella birra. Tuttavia bisogna considerare che l’ADI dei solfiti, ovvero la dose giornaliera da non superare, è di 0,7 mg al giorno per kg di peso corporeo. Per un soggetto di 70 kg stiamo parlando di circa 50 mg al giorno.

Ebbene, se un vino contiene 100 mg/l di solfiti, stiamo parlando di un consumo di 1/2 litro di vino. però  non stiamo considerando l’effetto comulativo causato da altri prodotti alimentari (e sono tanti) che contengono solfiti, potenzialmente consumati durante la giornata. Quindi sarebbe sarebbe giusto se ogni produttore riportasse in etichetta la quantità di SO2 usata, così facendo, si metterebbe il consumatore nella condizione di poter scegliere in maniera più corretta e critica il vino.

Sarebbe corretto che il consumatore finale conoscesse il contenuto di solforosa totale dei vini che beve, ma fino ad oggi la legge non obbliga i produttori a scrivere questa informazione in etichetta, io stessa non lo faccio perché il consumatore non abituato a vedere questa informazione sull’etichetta potrebbe non capirne il senso e sopratutto se nessun altro indica la quantità di solfiti contenuta risulterebbe un’informazione inutile perché sarebbe impossibile fare raffronti.

In ogni caso più avanti nell’articolo troverete tutte le indicazioni sulle quantità usate nei vari tipi di vino. In linea di massima, sarebbe opportuno scegliere vini con una quantità di SO2 inferiore a 100 mg/l.

Solfiti nel vino

Quanti solfiti si trovano nel vino?

Vino biologico

La norma varata dall’Unione Europea sul vino biologico nel 2012, il Regolamento di esecuzione UE n. 203/2012 dell’8 marzo 2012, al punto 7 dell’allegato VII bis limita l’uso di anidride solforosa come antisettico e antiossidante nella misura massima di 100 mg/l per i vini rossi con zucchero residuo inferiore a 2 mg/l, 120 mg/l per per i vini rossi con zucchero residuo compreso tra 2 e 5 mg/l, 150 mg/l per i vini bianchi e rosati con zucchero residuo inferiore a 2 mg/l, 170 mg/l per i vini bianchi e rosati con zucchero residuo compreso tra 2 e 5 mg/l.

Questi livelli tollerati sono alti e prossimi a quelli del vino industriale (Regolamento CE n. 606/2009), molto lontani dal vino naturale dove sono consentite concentrazioni di anidride solforosa non superiori a 30-40 mg/l indipendentemente dal tenore di zucchero. L’aggiunta di solfiti serve infatti di più a quei vini il cui mantenimento è messo a repentaglio dalla presenza di zuccheri da svolgere; nei vini dolci, infatti, si rischia che gli zuccheri non svolti mettano in atto una rifermentazione in bottiglia non voluta, e i solfiti sono indispensabili per creare un ambiente asettico atto ad impedirla.

Il comma 4 prevede inoltre che “Qualora le condizioni climatiche lo richiedano, la Commissione può stabilire, secondo la procedura di cui all’articolo 113, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 479/2008, che in alcune zone viticole della Comunità gli Stati membri interessati possano autorizzare, per i vini prodotti nel loro territorio, un aumento di non oltre 50 mg/l dei tenori massimi totali di anidride solforosa inferiori a 300 mg/l previsti nella presente sezione”. Si consente cioè di usare più alte dosi di solforosa per i vini provenienti da particolari aree geografiche (Germania in testa, i tedeschi sono infatti quelli che usano la maggior quantità di solforosa in vinificazione in Europa) o ad elevata concentrazione di zuccheri residui.

Vino convenzionale

La legge italiana stabilisce la quantità massima di solfiti ammessa in aggiunta al vino: nei vini rossi il limite è 150 mg/l, nei vini bianchi 200 mg/l, nei vini dolci 250 mg/l, nei vini passiti e muffati 400 mg/l.

Vino Poggio la Luna

Nei nostri vini la quantità di solforosa e sempre al di sotto dei 80 mg/l , per esempio L’Uno, il nostro vino Maremma Toscana Rosso ha meno di 50 mg/l.

E il vino senza solfiti?

E’ consentito di indicare in etichetta che il vino “non contiene solfiti” se la concentrazione totale di questi è inferiore ai 10 mg/l.

Un consiglio per ridurne gli effetti collaterali

Forse non tutti sanno che un’opportuna ossigenazione prima del consumo – operazione che può anche essere svolta anche semplicemente facendo roteare il calice – evapora circa il 30-40% dell’anidride solforosa libera contenuta nel vino.