Fare il vino è un’arte antica ed in continua evoluzione, ogni vignaiolo che si rispetti non si accontenta di fare e rifare gli stessi movimenti anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia, ma sperimentare di continuo tecniche vecchie o nuove è per lui imprescindibile.
Il “bâtonnage” consiste nel lasciare il vino sui lieviti cioè a contatto con le sue fecce fini o nobili. Lo scopo di questa operazione è quello di conferire piu’ profumi, intensità di sapore ai vini finali, rendendoli più ricchi e complessi, in un certo senso più territoriali. Qualcosa che contribuisce a legare ancora di più il vino con la propria origine, con elementi della fermentazione e della trasformazione del mosto in uva.
Il contatto con le cosiddette “fecce sottili” o “fecce nobili” che dir si voglia, cioè quella parte semisolida del mosto costituita in ampia prevalenza dai saccaromiceti morti , ricchissimi di sostanze proteiche, che le cedono lentamente al vino che le estrae attraverso l’azione dell’alcol. Il vino si riprende insomma il senso della sua origine diventando più complesso e ricco, recupera elementi che hanno contribuito alla sua metamorfosi, acquista carattere e diventa qualcosa di unico ed irripetibile.
Tutto questo avviene se se quelle “fecce nobili” che si presentano sotto forma di una crema di vino, sono integre, profumate e sane, nel senso che non hanno avuto problemi durante il contatto con il vino stesso. Perché potrebbero anche ammalarsi e sviluppare odori sgradevoli che rovinerebbero irrimediabilmente tutto. il segreto sta quindi nella sanità delle uve di base, nel corretto modo di far avvenire la fermentazione senza che si producano elementi negativi come acetaldeidi, ossidazione o note di riduzione.
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