Questa volta parliamo del Sangiovese, il re incontrastato dei vini rossi del centro Italia. E’ una delle uve italiane più antiche, si ritiene che fosse già utilizzato per fare il vino dagli etruschi duemila anni fa. Gli ampelografi ritengono che il luogo di origine del Sangiovese sia la Toscana, dove tuttora rappresenta la varietà di uva a bacca rossa più importante.

Le origini mitologiche del nome Sangiovese

Il mito narra che il nome derivi da Sanguis Jovis, sangue di Giove, nome attribuitogli da un monaco cappuccino del convento di Sant’Arcangelo di Romagna, nei pressi del monte Giove, durante un banchetto in onore di papa Leone XII, il quale chiese come si chiamasse lo squisito nettare che i monaci avevano servito.

La prima fonte attendibile che parla di Sangiogheto e Sangioveto è Gainvettorio Soderini, gentiluomo cinquecentesco. “Vitigno sugoso e pienissimo di vino” ci dice, “Che non fallisce mai”, ma anche pericoloso, perché è facile farne aceto.

sangiovese vitigno

La grande varietà di cloni del Sangiovese

Il Sangiovese ha una capacità di mutamento molto elevata tanto che oggi si conoscono decine di varietà clonali tutte appartenenti a quest’uva. L’ ampelografia convenzionale in due grandi categorie: Sangiovese Grosso e Sangiovese Piccolo. il primo è considerato migliore e due delle sue più celebri varietà clonali sono utilizzate per la produzione del Brunello di Montalcino e del Vino Nobile di Montepulciano Mentre  per il Sangiovese Piccolo possiamo ricordare, tra le altre il Morellino di Scansano.

È il terroir a fare il vino

Prendete un clone in Romagna,  e poi piantatelo a Montalcino, nel giro di due anni, la pianta muterà radicalmente adattandosi al terreno e sviluppando caratteristiche uniche e irripetibili, dando grappoli solo in parte simili a quelli del clone originale: ormai è mutato e se voleste ripiantarlo nel suo suolo d’origine non tornerebbe mai quello iniziale.

Il Sangiovese è una varietà d’uva a maturazione tardiva, ha un’ottima capacità di adattamento nei diversi tipi di suoli, tuttavia preferisce terreni  calcarei sono loro che esaltano i suoi migliori ed eleganti aromi.  Il Sangiovese è una varietà piuttosto sensibile alla muffa, una condizione che si verifica nelle annate fredde e umide o nella zone in cui la stagione autunnale è particolarmente piovosa.

La sua tendenza alla sovrapproduzione costringe i produttori ad una pratica colturale piuttosto scrupolosa in modo da mitigare la sua irruenza. Uno dei metodi più frequentemente adottati dai produttori e che consente di mitigare certi aspetti “ruvidi” del Sangiovese, consiste nell’aggiungere vini prodotti con altre uve, un ruolo che tradizionalmente è svolto dal Canaiolo Nero, come nel caso del Chianti in Toscana e del Torgiano Rosso in Umbria.    

Se ben coltivato, con basse rese, può essere il vino dall’equilibrio perfetto, serve però molta attenzione quando lo si unisce in blend ad altri vitigni e soprattutto durante la maturazione del grappolo, che deve essere lenta, in modo che i tannini evolvano gradualmente, altrimenti si ha un vino estremamente scorbutico o una bomba dal frutto “marmellatoso”. È adattissimo all’invecchiamento se affinato in botti grandi che ne smussano gli angoli, mentre un uso troppo aggressivo della barrique ne appiattisce le rotondità.

Caratteristiche organolettiche del Sangiovese

Ci sono caratteristiche organolettiche che lo rendono riconoscibile, primo tra tutti il delicato bouquet di violetta, ciliegia, iris, rosa, amarena, peonia, mora, prugna e pomodoro accompagnate da una buona freschezza, poi tè, cappero, timo, tartufo, funghi, maggiorana, muschio, sottobosco, felce. E soprattutto terra, non quanto in un Barolo, ma ben percepibile. Quindi i sentori dovuti al legno come sandalo, tabacco, caffè, noci, cola. L’insieme è fine, il tannino è poderoso, ma di consistenza setosa, sono i fiori ad emergere e i frutti rossi a dare spinta all’acidità, il vino comunque è caldo, mai troppo rotondo, anzi con un certo nervosismo di fondo. Il colore è rubino fino ai quattro-cinque anni e poi tende al granato.

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